
La Grangia Cistercense di Castello del Matese: un viaggio nel passato tra spiritualità e lavoro
Se non avete mai sentito parlare di una grangia cistercense, non preoccupatevi: non siete gli unici. Questo termine affonda le sue radici in una parte importante della storia medievale, legata a una delle correnti monastiche più influenti: l’Ordine Cistercense. Un ordine che ha saputo coniugare spiritualità, lavoro e dedizione alla vita semplice.. Ma cosa è una grangia cistercense? E come si inserisce quella di Castello del Matese in questo contesto storico?
Cos’è una Grangia Cistercense?
Per capire pienamente il valore di una grangia, bisogna fare un passo indietro nella storia dell’Ordine Cistercense, fondato nel 1098 da Roberto di Molesme a Cîteaux, in Francia. I cistercensi erano monaci che rifiutavano il lusso e l’ostentazione, elementi tipici di altre comunità religiose del loro tempo, come quelle benedettine. La loro vita si ispirava alla regola benedettina di “ora et labora” (preghiera e lavoro), in cui il lavoro manuale si alternava alla meditazione e alla preghiera.
Le grangie cistercensi erano uno degli aspetti più emblematici di questo modo di vivere. In parole semplici, una grangia era una fattoria monastica, un luogo dove i monaci coltivavano il grano e allevavano bestiame per sostenere la loro comunità. La grangia era spesso accompagnata da terreni agricoli, case e pascoli. Era un centro di produzione, ma anche di ospitalità, dove i monaci praticavano l’ospitalità cristiana, accogliendo i pellegrini e chiunque avesse bisogno di aiuto.
La Grangia Cistercense di Castello del Matese
A Castello del Matese, sorge una delle testimonianze più affascinanti di questo patrimonio monastico. Fondata probabilmente nel 1227 dai monaci dell’Abbazia di Santa Maria della Ferrara di Vairano Patenora, la grangia di Castello del Matese aveva una funzione di protezione e produzione agricola, ma anche di ospitalità. In origine, la grangia si trovava a guardia di una delle vie che portavano al Lago del Matese, un punto strategico per i commerci e i pellegrinaggi.
Il percorso per la creazione della grangia non fu privo di ostacoli. L’allora vescovo di Alife si oppose fermamente alla costruzione del monastero, temendo la perdita di potere della sua diocesi. Ma alla fine, grazie all’intervento del Papa Onorio III, la struttura fu costruita. Oggi, purtroppo, della grangia cistercense di Castello del Matese rimangono solo alcuni frammenti. La torre piccionaia, una struttura che serviva anche per la protezione e l’organizzazione della vita agricola, è ancora visibile. Così come un arco che un tempo segnava l’ingresso al complesso. Le mura che fasciano il colle sono gli unici resti tangibili della struttura che, nei secoli, ha visto il lavoro dei monaci alternarsi alla preghiera.
Un esempio di ospitalità e vita comunitaria
Anche se le grangie cistercensi non erano veri e propri monasteri, il loro ruolo nell’accoglienza dei pellegrini e nell’aiuto reciproco tra i monaci era fondamentale. La figura del frater hospitalarius, il monaco incaricato dell’ospitalità, era centrale. La vita in una grangia era un piccolo mondo bucolico in cui ogni mano aiutava l’altra, nell’ottica di un ideale di vita comunitaria che ancora oggi suscita ammirazione.
La grangia di Castello del Matese, pur essendo oggi in rovina, conserva ancora il fascino di quei luoghi dove spiritualità e lavoro si intrecciavano indissolubilmente, dando vita a una società che cercava di vivere in armonia con la natura e la fede.