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Luoghi Il Mausoleo della Conocchia

Il Mausoleo della Conocchia

Lungo la storica Via Appia, nel comune di Curti, a pochi chilometri dalla maestosa Reggia di Caserta e non lontano dall’Anfiteatro, si erge uno dei più affascinanti mausolei romani della Campania: la Conocchia. Questa imponente struttura, alta circa sedici metri, cattura facilmente l’attenzione di chi percorre l’antica e trafficata via.

La Conocchia: la sua origine e storia

Il nome “Conocchia” è legato alla sua particolare forma conica, che ricorda l’omonimo strumento usato per filare. Questo monumentale sepolcro romano risale verosimilmente al II secolo d.C., durante il periodo di massimo splendore dell’Impero Romano.

La struttura è delimitata da quattro colonne e composta da tre corpi sovrapposti. Il primo di questi funge da podio quadrilatero, all’interno del quale si trova la camera sepolcrale, caratterizzata da ben undici nicchie. Si racconta che tra le ceneri custodite in questo mausoleo ci fosse anche quella di Flavia Domitilla, matrona romana e nipote di Vespasiano, perseguitata da Domiziano per la sua fede cristiana. Altri sostengono, invece, che qui furono trasferite le ceneri di Appio Claudio Cieco, noto politico e letterato romano, che avrebbe trovato riposo proprio lungo la via da lui creata nel 312 a.C.

I lavori di restauro del 700

Ciò che rende ancora più straordinaria la conservazione di questo monumento è il restauro che subì nel XVIII secolo grazie all’intervento dei Borbone. Se oggi possiamo ammirare la Conocchia quasi intatta, lo dobbiamo soprattutto a Ferdinando IV di Borbone, che, nonostante le difficoltà economiche del Regno di Napoli, decise di proteggere e finanziare il restauro del mausoleo. L’epoca in cui ciò avvenne, infatti, corrisponde al periodo del Grand Tour, che fu promosso dal re Carlo di Borbone.

I lavori di restauro furono svolti con grande attenzione, sotto la supervisione di esperti come Carlo Vanvitelli, e coinvolsero personalità di rilievo legate alla corte borbonica. Giambattista Parente delle Curti fu nominato custode del monumento. Oggi, un’epigrafe testimonia l’importanza di questo restauro, che recita:

«Me superstitem antiquitatis molem/senio confectam et iam iam ruituram/rex ferdinandus IV, pater patriae,/ab imo suffultam reparavit.»

Traduzione:
«Io, superstite testimonianza dell’antichità, logorato dal tempo e ormai prossimo a crollare, sono stato restaurato dal re Ferdinando IV, padre della patria, che ne ha rinforzato le basi.»